Ricordi di una Milano sparita

Questa immagine mi scatena mille ricordi di una Piazza del Duomo che non esiste più.

Le “reclame” di Piazza Duomo

Il cuore meneghino pulsava giorno e notte delle mille luci colorate dei neon delle “réclame” che animavano la piazza nelle lunghe notti invernali milanesi.

Pensare di rivederle sfavillare di fronte alla cattedrale oggi è impossibile, ma all’epoca della mia infanzia – negli anni ’60 e ’70 – davano un aspetto molto internazionale alla piazza.

Sembrava di essere in Piccadilly Circus a Londra o nella Fifth Avenue a New York e tutto ciò ci faceva sentire tanto “cittadini del mondo” integrati nel benessere.

Noi e i nostri genitori assaporavamo, anche in questo modo, quel “miracolo economico” tanto pervicacemente da loro voluto e conquistato con il duro lavoro, dopo essersi faticosamente rialzati da una lunga e sanguinosa guerra fratricida.

In quei momenti tutto si poteva giustificare e tollerare in nome del progresso, anche le mille sfavillanti luci colorate delle “réclame” al neon in Piazza del Duomo a Milano…

§ § § § §

1
Carla Dondi fu Ambrogio di anni
diciassette primo impiego stenodattilo
all’ombra del Duomo
Sollecitudine e amore, amore ci vuole al lavoro
sia svelta, sorrida e impari le lingue
le lingue qui dentro le lingue oggigiorno
capisce dove si trova? transocean limited
qui tutto il mondo…
è certo che sarà orgogliosa.
Signorina, noi siamo abbonati
alle Pulizie Generali, due volte
la settimana, ma il Signor Praték è molto
esigente – amore al lavoro è amore all’ambiente – così
nello sgabuzzino lei trova la scopa e il piumino
sarà sua prima cura la mattina.
ufficio a ufficio b ufficio c
Perché non mangi? Adesso che lavori ne hai bisogno
adesso che lavori ne hai diritto
molto di più.
S’è lavata nel bagno e poi nel letto
s’è accarezzata tutta quella sera.
Non le mancava niente, c’era tutta
come la sera prima – pure con le mani e la bocca
si cerca si tocca si strofina, ha una voglia
di piangere di compatirsi
ma senza fantasia
come può immaginare di commuoversi?
Tira il collo all’indietro ed ecco tutto.2
All’ombra del Duomo, di un fianco del Duomo
i segni colorati dei semafori le polveri idriz elettriche
mobili sulle facciate del vecchio casermone d’angolo
fra l’infelice corso Vittorio Emanuele e Camposanto,
Santa Radegonda, Odeon bar cinema e teatro
un casermone sinistrato e cadente che sarà la Rinascente
cento targhe d’ottone come quella
transocean limited import export company
le nove di mattina al 3 febbraio.
La civiltà si è trasferita al nord
come è nata nel sud, per via del clima,
quante energie distilla alla mattina
il tempo di febbraio, qui in città?
Carla spiuma i mobili
Aldo Lavagnino coi codici traduce telegrammi night letters
una signora bianca ha cominciato i calcoli
sulla calcolatrice svedese.
Sono momenti belli: c’è silenzio
e il ritmo d’un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
diritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno
è questa che decide
e son dei loro
non c’è altro da dire.
E questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo colore di lamiera
sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri ai capolinea
non prolunga all’infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?
È nostro questo cielo d’acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perché sulla terra non c’è
scampo da noi nella vita.3
Negli uffici s’imparan molte cose
ecco la vera scuola della vita
alcune s’hanno da imparare in fretta
perché vogliono dire saper vivere
la prima entrare nella manica a Praték
che ce l’ha stretta
A Praték gli vanno bene i soldi
e un impiegato mai, perché la fine
del mese i soldi l’impiegato pochi o tanti
li porta via, e lui li guarda coi suoi occhi
acquosi, i soldi, e non gli pare giusto.
A Praték gli van bene anche le donne
e Lidia che era furba lo sapeva
e l’ha passato mica male, il tempo, sullo sgabello della macchina
con le sue cosce grasse.
Ma la moglie coi soldi che è gelosa
vigila sulla serenità delle fanciulle,
Monsieur Praték – in fondo, io sono un filosofo –
non per niente è stato anche in galera
rispetta gli istituti: Lidia parte
entra Carla: può servire che si sappia:
col dottor Pozzi basta un po’ di striscio,
fargli mettere la firma in molti posti.

La ragazza Carla è un poemetto scritto da Elio Pagliarani (Viserba, 25 maggio 1927–Roma, 8 marzo 2012).

Appartiene all’ultima sezione di La ragazza Carla e altre poesie pubblicato da Mondadori nel 1962 ed è un poemetto polimetro di tre capitoli. La protagonista del racconto è la diciassettenne Carla Dondi che vive in una modesta casa della periferia di Milano con la madre vedova che fa la pantofolaia, la sorella Nerina e il cognato Angelo. Carla, frequenta le scuole serali per diventare segretaria e presto trova un impiego presso una grossa ditta commerciale che traffica su ampio mercato internazionale.

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